A maggio di quest'anno, 5 anni dopo un provvedimento analogo in Finlandia e in Spagna, anche le autorità irlandesi hanno deciso di ritirare dal mercato le specialità a base di nimesulide, per la segnalazione di casi di epatite grave associati all'uso del farmaco. La nimesulide (Aulin ed altri prodotti) è un antinfiammatorio molto prescritto e utilizzato e la notizia ha suscitato, almeno inizialmente, un certo allarmismo.
Le autorità sanitarie italiane non hanno ritenuto allora di adottare provvedimenti restrittivi, in attesa di una rivalutazione della sicurezza del farmaco da parte delle autorità sanitarie europee. Con un comunicato successivo, le autorità sanitarie europee hanno deciso di mantenere il farmaco in commercio, ritenendolo sicuro quando utilizzato nel rispetto delle indicazioni autorizzate.
Sono state introdotte, a tutela del paziente, limitazioni alla durata della terapia, che non può protrarsi oltre 15 giorni, e alle unità (compresse, buste) contenute in ogni confezione, che non possono essere più di 30, aggiungendo inoltre la controindicazione esplicita all'impiego in chi ha già problemi di fegato o assume altri farmaci che potrebbero danneggiarlo. Infine, nel nostro paese, l'erogazione del farmaco è stata anche vincolata alla presentazione di ricetta medica non ripetibile il che significa che il farmacista trattiene la ricetta ogni volta che il farmaco viene prescritto. La prescrizione medica da rinnovare volta per volta, prevista per particolari farmaci il cui uso continuato può esporre rischi per i pazienti, è stata introdotta per ridurre ulteriormente l'impiego della nimesulide, evidentemente nella convinzione che i provvedimenti presi a livello europeo nel nostro paese non fossero sufficienti.
I dati di consumo inducono infatti a ritenere che la nimesulide non sia sempre utilizzata rispettando indicazioni e posologia: il medico viene consultato inizialmente ma poi il paziente decide in autonomia quando assumerla o sospenderla forse per la convinzione, largamente diffusa, della sua innocuità o forse ritenendola più efficace di altri antinfiammatori simili, anche se mancano le prove, o forse, cosa più probabile, per una abile e intensa attività promozionale che ne ha fatto l'antiinfiammatorio più noto in assoluto.
E' vero che le segnalazioni di effetti avversi in generale e di quelli a carico del fegato in particolare, sono poche, ma non sarebbe stato più semplice, e soprattutto più sicuro, optare per il ritiro del farmaco come hanno fatto gli altri Stati, dal momento che il mercato degli antinfiammatori non manca certo di alternative efficaci?